Presentati a Roma i dati Istat sulla pratica sportiva in Italia

Oggi, in tutto il mondo, si celebra la Giornata Mondiale del Diabete e si rinnova anche quest’anno l’impegno di FeSDI, che riunisce le società scientifiche di diabetologia, SID e AMD, e Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, insieme a Sport e Salute, riunite in un Convegno presso il Circolo del Tennis del Foro Italico centrato sul ruolo dello sport come alleato nel contrasto a questa malattia e, in generale, alle cronicità. Un evento preceduto dall’illuminazione blu, colore ufficiale della Giornata, di alcuni dei luoghi simbolo della Capitale, nella notte fra il 13 e 14 novembre, e che si inserisce e chiude le iniziative promosse quest’anno in Italia in occasione della Giornata Mondiale.


Un impegno comune, quello che vede fare squadra Istituzioni, società scientifiche, persone con diabete e mondo dello sport. Il risultato da raggiungere è ambizioso: contrastare una malattia in continua crescita che, secondo dati dell’International Diabetes Federation, entro il 2045 riguarderà globalmente 1 adulto su 8, e che in Italia interessa oltre 4 milioni di persone, ma sembra destinata a estendersi fino al 10 per cento della popolazione entro il 2040.


Imprescindibile per contrastare questi numeri il ruolo dello sport e dell’attività fisica. Le sane abitudini di vita rappresentano un baluardo fondamentale nella prevenzione e nel contrasto al diabete. È necessario continuare a promuoverle e diffonderle, ribadendo con forza questo messaggio e realizzando iniziative in linea con il “Manifesto dei diritti della persona con diabete e dei doveri dell’individuo e della comunità”, nonché con il protocollo d’intesa per la promozione di sani stili di vita e la sensibilizzazione sulla prevenzione del diabete e dell’obesità nelle città, firmato da Sport e Salute SpA., FeSDI e dai rappresentanti degli Intergruppi Parlamentari “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” e “Qualità di vita nelle città”.


In occasione dell’evento promosso dall’Osservatorio Permanente sullo sport, l’esercizio fisico e l’attività motoria della Fondazione SportCity,
presieduto da Federico Serra, vengono presentatati i dati Istat sulla pratica sportiva in Italia. Emerge uno scenario con luci ed ombre. Sono 21,5 milioni le persone che hanno praticato sport nel 2024 in Italia, pari al 37,5 per cento della popolazione dai 3 anni in su. Di questi il 28,7 per cento pratica sport con continuità, l’8,7 per cento saltuariamente. Il 43,4 per cento degli uomini pratica sport contro il 31,8 per cento delle donne, con un gap di genere che era pari a quasi 17 punti nel 1995 e scende a 11,6 punti nel 2024. Rispetto all’età, la massima diffusione della pratica sportiva è tra gli 11-14 anni, ovvero il 75,6 per cento (66,7 per cento continuativa), l’adesione è buona fino ai 24 anni, poi c’è un calo progressivo. In crescita lo sport negli anziani: fra i 65-74 anni gli sportivi sono il 23,3 per cento (5,3 per cento nel 1995), tra le persone con 75 o più anni il dato è del’8,1 per cento (1,4 per cento nel 1995). Rispetto al territorio, più sport si registra al Nord-est (43,9 per cento), poi Nord-ovest (41,7 per cento) e Centro (41,5 per cento), mentre Sud e Isole restano più indietro (27,9 per cento). Le città metropolitane risultano più attive (42,7 per cento), meno sport nei piccoli comuni (29,7 per cento). Il titolo di studio è discriminante: solo il 6,1 per cento con licenza elementare e il 17,3 per cento con licenza media fa sport, contro il 55 per cento dei laureati.


Le differenze socioculturali influenzano la pratica sportiva in tutte le fasce d’età. Con l’aumentare dell’età, infatti, la pratica sportiva tende a diminuire per tutti, ma le disuguaglianze restano. Le motivazioni principali che spingono a praticare sport sono il desiderio di mantenersi in forma (61,5 per cento), la passione o il piacere personale (49,8 per cento), lo svago (42,6 per cento) e la riduzione dello stress (27,5 per cento).


«In Italia il 62,5 per cento della popolazione non pratica sport — spiega la Dott.ssa Emanuela Bologna dell’Istat —. All’interno di questo gruppo, quasi un terzo (29,7 per cento) svolge regolarmente qualche forma di attività fisica, soprattutto le donne, i bambini fino a 5 anni e le persone oltre i 64 anni, mentre il 32,8 per cento è completamente sedentario. Inoltre, quasi 4 su 10 non hanno mai praticato sport nella vita (37,1 per cento), più donne che uomini (44,7 vs 29,1 per cento). Nel Mezzogiorno quasi 1 persona su 2 è sedentaria e meno di 1 su 4 pratica attività fisica. I livelli più alti di sedentarietà si registrano nei piccoli comuni fino a 2.000 abitanti (quasi 4 persone su 10). Le principali motivazioni di chi non pratica sport nel nostro Paese sono mancanza di tempo (35,1 per cento), mancanza di interesse (31,2 per cento), età (21,3 per cento), salute/disabilità (15,3 per cento), stanchezza/pigrizia (12,3 per cento), motivi economici (7,6 per cento)».


Da qui l’importanza della promozione dello sport come parte integrante delle sane abitudini di vita nel contrasto al diabete e l’alleanza che oggi si rinnova fra istituzioni e mondo della scienza.
«Il diabete comporta gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto, e dei suoi famigliari, oltre che un impatto importante sull’economia del Paese, con costi diretti e indiretti legati alla perdita di produttività – dichiara l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili e Vicepresidente Anci. – Come Intergruppo parlamentare siamo fortemente impegnati, oltre che nell’iniziativa legislativa, nel mettere il tema al centro dell’agenda politica secondo un approccio olistico e multisettoriale, volto a garantire alle persone con diabete gli stessi diritti delle persone sane, portando avanti un’alleanza tra tutti i soggetti coinvolti e promuovendo a tutti i livelli di governo la cultura dei sani stili di vita, dell’attività fisica e della prevenzione».


«Uno stile di vita attivo e una sana alimentazione sono gli strumenti principali per prevenire patologie quali il diabete e contrastare anche quella ‘sedentarietà digitale’ che affligge soprattutto i giovani – dichiara in un videomessaggio Marco Mezzaroma, Presidente di Sport e Salute. – Momenti come quello di oggi dimostrano come ci sia una squadra di istituzioni e realtà varie pronta, ognuno a suo modo, a sviluppare strategie e azioni per ‘allenare alla salute’ il nostro Paese. Come Sport e Salute, ogni giorno, facciamo la nostra parte in tutta Italia, sia perché è il ruolo che ci viene affidato dallo Stato, sia perché crediamo fortemente nell’importanza sociale di questo impegno».


«L’attività fisica regolare rappresenta un pilastro nella prevenzione e nella gestione del diabete: non solo contribuisce al miglior controllo glicemico, ma migliora il benessere psicologico, la qualità della vita e l’inclusione sociale delle persone che convivono con questa patologia – dichiara la Professoressa Raffaelle Buzzetti, Presidente FeSDI e SID. – Lo sport è per tutti e deve essere parte integrante del percorso di cura, al pari dei farmaci e delle nuove tecnologie. Promuovere l’attività fisica significa investire in salute pubblica e sostenibilità, perché un cittadino più attivo è anche un cittadino più sano».


«Di fronte a dati che ci restituiscono un contesto di vita sempre più sedentario, istituzioni, società scientifiche e mondo dello sport devono lavorare insieme, per rendere le nostre città e i nostri luoghi di lavoro più favorevoli al movimento quotidiano e all’inclusione – dichiara il Professor Riccardo Candido, Presidente di Fondazione AMD. – È un cambiamento culturale necessario, che parte dall’informazione, passa per la prevenzione e arriva fino alla piena partecipazione delle persone con diabete alla vita sociale e professionale, valorizzando lo sport come strumento di salute, benessere e cittadinanza attiva per tutti».


Un binomio quello tra diabete e sport che è ancora gravato da un inaccettabile stigma. In Italia un Regio decreto del 1932 discrimina gli atleti con diabete impedendo loro di potersi arruolare nei corpi militari dello Stato e gareggiare nei gruppi sportivi. Un decreto anacronistico che non tiene conto dei progressi scientifici e dell’attuale qualità delle cure per il diabete. Lo sport è uno dei principali strumenti di inclusione e di realizzazione del potenziale umano, e superare questo anacronismo rappresenta una vera e propria battaglia di civiltà. Due atleti italiani in particolare Anna Arnaudo e Giulio Gaetani sono diventati portavoce e testimonial di questa battaglia. Loro, in qualche misura, il diabete lo hanno già sconfitto perché non gli ha impedito di eccellere sulle pedane e nelle piste di tutto il mondo.


«Quando ho scoperto che, per questa clausola sul diabete, non potevo accedere ai gruppi sportivi militari, dopo una prima demoralizzazione, ho sentito che era importante parlare di questa problematica e trovare una soluzione. – dichiara Anna Arnaudo, azzurra di atletica leggera . Il rischio è che passi un messaggio sbagliato: che la persona con diabete non possa praticare sport. In realtà è vero il contrario: l’attività fisica è fortemente raccomandata. Va lanciato un messaggio di speranza, affinché le persone con diabete, anche quelle che non aspirano a diventare atleti professionisti, non rinuncino a praticare attività sportiva».


Giulio Gaetani, atleta azzurro di scherma, nel 2002, a poco meno di due anni, ha scoperto di essere diabetico, «Non ricordo ovviamente della mia vita prima del diabete – dichiara – e forse proprio per questo l’ho sempre vissuta come normalità. L’esclusione dai gruppi sportivi militari non permette ad atleti come me e Anna di rendere del tutto professionale la nostra attività sportiva, poiché non abbiamo uno stipendio e un supporto fondamentale nelle scelte di selezione per le gare di maggior rilievo».

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